La Storia della Giostra del Saracino

La Giostra nella Divina Commedia

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“Corridor vidi per la terra vostra, o Aretini, e vidi gir gualdane, fedir torneamenti e correr giostra”. Si è discusso molto sulla seconda terzina del canto ventiduesimo dell’Inferno di Dante Alighieri. Il poeta sembra accennare alla passione degli aretini per i giochi di addestramento militare. Giochi chesembrano aver attecchito nella terra d’Arezzo ai tempi di Dante: spessovedevano un cavaliere armato di lancia colpire un simulacro rappresentante il nemico per antonomasia dell’Occidente, l’arabo infedele. Da esercizio bellico, le Giostre, le Quintane e i torneamenti si trasformarono ben presto nell’occasione per festeggiare avvenimenti importanti. Nel canto della Divina Commedia Alighieri si riferirebbe a dei torneamenti ben precisi avvenuti nel contado aretino, durante l’assedio dei fiorentini e dei senesi del 1288. Mentre gli aretini si erano asserragliati all’interno delle mura, i nemici facevano cavalcate e scorrerie fuori dalla città. Era una sorta di vilipendio, la dimostrazione di una supremazia che permetteva di giocare con le lance e i cavalli così come facevano gli assediati nei periodi di pace. Ma gli aretini, da buoni Botoli Ringhiosi, come li nominava lo stesso Dante, non la fecero passare liscia ai senesi. Si erano da poco separati dai fiorentini nell’assedio: furono presi di sopresa e sconfitti, dagli aretini a Pieve al Toppo. Alla guida delle milizie vincitrici c’erano Buonconte da Montefeltro e Guglielmo de’ Pazzi. Una vendetta memorabile contro chi aveva osato correr Giostra in dispregio degli aretini.